
di Barbara Balistreri
Parità salariale: il Gender pay-gap ha ottenuto uno Storico sì!! Alla Camera approvata ieri all’unanimità la proposta di legge sulla parità salariale tra i generi.
Dal 1° gennaio 2022, arriva per le aziende la certificazione della parità di genere, che validerà le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario salariale, incentivare il lavoro femminile, promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, favorire politiche aziendali a garanzia di un ambiente inclusivo e rispettoso, valutare i criteri adottati per le progressioni di carriera.
La modifica all’articolo 46 del codice delle pari opportunità del 2006, incentiverà la presenza femminile nel mercato del lavoro e ridurrà il cosiddetto "gender gap" nelle retribuzioni. Una misura attesa da anni, ora la palla passa al Senato e punta a far emergere e soprattutto a superare — finalmente anche nel nostro Paese — azioni e scelte che nascondono discriminazioni indirette nel lavoro.
Uno strumento che garantisce diritti e trasparenza per milioni di donne lavoratrici, dal reclutamento alla retribuzione, fino alle reali opportunità di carriera. Dopo tre governi finalmente si vede la luce, ora occorre arrivare velocemente in fondo. Al Senato questo testo deve essere una priorità.
Una giornata da dedicare a tutte le donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia, alle donne che sono pagate meno rispetto ai colleghi uomini, all’universo femminile che ha titoli, competenza, esperienza e preparazione ma ancora (almeno in apparenza) non considerato il “genere” giusto per ricoprire ruoli manageriali. In Italia solo il 28% dei manager è donna e il 20% riceve uno di stipendio più basso del collega uomo a parità di mansione e di ore lavorate.
Tra le novità introdotte dalla proposta di legge, l'ampliamento dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale alle aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti (anzichè più di 100, come attualmente previsto).
Vengono previsti, tra l'altro, strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere. Vengono poi introdotte, tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta, anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso.
Arriva, poi, dal prossimo primo gennaio, la certificazione della parità di genere, che dovrà attestare, tra l'altro, le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Certificazione accompagnata, peraltro, da un conseguente meccanismo di premialità consistente in uno sgravio contributivo fino a 50mila euro all'anno per ciascuna azienda (con limite di 50 milioni annui).
Il primo passo è stato fatto, ma la strada è ancora lunga...
Barbara Balistreri
Responsabile Nazionale Federazione Donne Sindacato SALP ACAI
Referente Centro Studi Women Welfare Italia
Direttrice della testata "La Tutela del Lavoro"
Fonti:shatterstok,camera.it,rep.it,
Parità salariale: il Gender pay-gap ha ottenuto uno Storico sì!! Alla Camera approvata ieri all’unanimità la proposta di legge sulla parità salariale tra i generi.
Dal 1° gennaio 2022, arriva per le aziende la certificazione della parità di genere, che validerà le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario salariale, incentivare il lavoro femminile, promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, favorire politiche aziendali a garanzia di un ambiente inclusivo e rispettoso, valutare i criteri adottati per le progressioni di carriera.
La modifica all’articolo 46 del codice delle pari opportunità del 2006, incentiverà la presenza femminile nel mercato del lavoro e ridurrà il cosiddetto "gender gap" nelle retribuzioni. Una misura attesa da anni, ora la palla passa al Senato e punta a far emergere e soprattutto a superare — finalmente anche nel nostro Paese — azioni e scelte che nascondono discriminazioni indirette nel lavoro.
Uno strumento che garantisce diritti e trasparenza per milioni di donne lavoratrici, dal reclutamento alla retribuzione, fino alle reali opportunità di carriera. Dopo tre governi finalmente si vede la luce, ora occorre arrivare velocemente in fondo. Al Senato questo testo deve essere una priorità.
Una giornata da dedicare a tutte le donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia, alle donne che sono pagate meno rispetto ai colleghi uomini, all’universo femminile che ha titoli, competenza, esperienza e preparazione ma ancora (almeno in apparenza) non considerato il “genere” giusto per ricoprire ruoli manageriali. In Italia solo il 28% dei manager è donna e il 20% riceve uno di stipendio più basso del collega uomo a parità di mansione e di ore lavorate.
Tra le novità introdotte dalla proposta di legge, l'ampliamento dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale alle aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti (anzichè più di 100, come attualmente previsto).
Vengono previsti, tra l'altro, strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere. Vengono poi introdotte, tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta, anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso.
Arriva, poi, dal prossimo primo gennaio, la certificazione della parità di genere, che dovrà attestare, tra l'altro, le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Certificazione accompagnata, peraltro, da un conseguente meccanismo di premialità consistente in uno sgravio contributivo fino a 50mila euro all'anno per ciascuna azienda (con limite di 50 milioni annui).
Il primo passo è stato fatto, ma la strada è ancora lunga...
Barbara Balistreri
Responsabile Nazionale Federazione Donne Sindacato SALP ACAI
Referente Centro Studi Women Welfare Italia
Direttrice della testata "La Tutela del Lavoro"
Fonti:shatterstok,camera.it,rep.it,